Il Cinema è Moda e
la Moda è Cinema.
Il ritorno al Minimalismo: un Parallelo con il Cinéma Vérité di Luchino Visconti e la critica della Società dello Spettacolo di Guy Debord
Il cinema imita la moda e la moda imita il cinema in un processo di osmosi estetica. Sebbene operino in ambiti distinti, entrambi condividono un'urgenza comune: svelare la realtà nella sua forma più essenziale e autentica. Questa ricerca, che trova nel minimalismo un'ancora filosofica, si oppone alla spettacolarizzazione del quotidiano, ricollocando l'individuo al centro di una narrazione non filtrata.
Un uomo cammina per strada, la telecamera lo segue con discrezione. Nessuna colonna sonora ridondante, nessuna luce artificiale a modellare l’immagine: solo il rumore dei passi, gli incontri fugaci con volti anonimi, il ritmo pulsante della città. Questa estetica, propria del Cinéma Vérité, incarna la volontà di restituire uno sguardo sincero sul reale, rifiutando l’artificio in favore della verità.
“Si tratta di fare un cinema della verità che trascenda l’opposizione tra cinema di finzione e cinema documentario; dobbiamo creare un cinema di totale autenticità, vero come un documentario ma con i contenuti di un film di finzione, ovvero con i contenuti della vita soggettiva.”
Nell’attuale panorama, dominato dall’eccesso e dal consumismo, emerge con forza un’esigenza rigenerante: il ritorno all’autenticità. Questo desiderio, evidente tanto nell’arte cinematografica quanto nella moda, si traduce nel recupero di pratiche stilistiche e filosofiche incentrate su verità ed essenzialità, in opposizione a una cultura che si disperde nel clamore e nella vanità dell’apparenza. In questo contesto, Cinéma Vérité e minimalismo nella moda contemporanea si configurano come due movimenti affini, due risposte complementari all’artificio, pronti a svelare, pur con linguaggi diversi, il nucleo di ciò che è autentico.
Lo storico e critico cinematografico italiano Gianni Rondolino scrive: “Tra i vari modi di praticare il Cinéma Vérité vi è anche l’uso della macchina da presa come ‘agente provocatore’, capace di stimolare reazioni e comportamenti che si materializzano proprio sotto la sua azione. In questo caso, la realtà e la sua ‘verità’ nascono dal cinema; sono il prodotto del suo intervento diretto.”
La Connessione tra Cinema e Moda: una Visione Condivisa
Il parallelismo tra il Cinéma Vérité e il minimalismo contemporaneo nella moda non è casuale. Entrambi, pur sviluppandosi in contesti differenti, rispondono a un bisogno comune: il rifiuto dell'artificiosità a favore di un'espressione più genuina. Jean Rouch e Luchino Visconti, con la loro estetica cruda e priva di compromessi, hanno aperto la strada a una narrazione cinematografica depurata dagli orpelli della messa in scena tradizionale. Analogamente, il minimalismo nella moda ha ridefinito il linguaggio visivo del settore, opponendosi alla sovrabbondanza e alla decorazione fine a se stessa.
Nel contesto contemporaneo, dominato dall'eccesso e dal consumismo, si assiste a un ritorno all'essenziale come atto di resistenza. Il lavoro di Phoebe Philo per Céline o la purezza delle linee di Jil Sander incarnano questa tensione tra il necessario e il superfluo, riflettendo un desiderio di autenticazione visiva e concettuale che si specchia nella poetica cinematografica di registi come Agnès Varda o Chantal Akerman. Il minimalismo, sia nella moda che nel cinema, non è dunque una mera scelta estetica, ma una dichiarazione di intenti, una volontà di sottrazione che si fa linguaggio.
Il Minimalismo nella Moda e il "Decoupling" Culturale
Nella moda contemporanea, il minimalismo si configura come una forma di resistenza culturale all'opulenza dilagante e alla produzione incessante. Non si tratta solo di una questione stilistica, ma di una ridefinizione dei codici che governano il nostro rapporto con gli oggetti. Il "decluttering" in questo contesto va oltre il semplice atto di eliminare l'eccesso: diventa una pratica filosofica che interroga il valore simbolico e funzionale del possedere. Liberarsi dall'accumulo non equivale a una sottrazione sterile, bensì a un gesto di risignificazione, un tentativo di sottrarre l'oggetto dalla logica del consumo compulsivo e reinserirlo in un sistema di scelte consapevoli.
La Critica di Guy Debord: la Società dello Spettacolo e il Bisogno di Autenticità
Questa tensione tra reale e artefatto trova una lettura illuminante nell'opera di Guy Debord, che ne La Società dello Spettacolo denuncia la trasformazione della vita in rappresentazione. Secondo Debord, nella società contemporanea l'apparenza ha sostituito la sostanza, e l'esistenza si è dissolta in una sequenza di immagini preconfezionate. Il minimalismo, in questo scenario, emerge come una forma di opposizione: sia nel cinema che nella moda, l'eliminazione del superfluo è una pratica di disintossicazione visiva che mira a restituire un'autenticità negata dalla spettacolarizzazione dell'esperienza.
Così come il Cinéma Vérité rifiuta la manipolazione della realtà attraverso montaggi eccessivi e narrazioni posticce, il minimalismo nella moda si oppone all'iper-produzione di tendenze effimere e all'estetica urlata dell'opulenza. In entrambi i casi, si tratta di un ritorno alla nuda verità, a un'essenzialità che non è privazione ma riscoperta.
Conclusione: Rifiutare l'Eccesso per Ritrovare la Verità
Il minimalismo e il Cinéma Vérité, pur appartenendo a discipline diverse, condividono un'identica tensione verso l'autenticazione del reale. Entrambi si configurano come antidoti a una società dominata dall'apparenza, offrendo una visione più chiara, onesta e consapevole del mondo. Come il cinema di Rouch o di Varda non cerca di stupire ma di rivelare, così la moda di Philo o di Sander non ostenta, ma distilla. Sottrarre non è negare, ma svelare l'essenza di ciò che conta. In un'epoca che celebra lo spettacolo dell’eccesso, la vera rivoluzione sta nella riscoperta della verità attraverso la semplicità.
di Ritamorena Zotti
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Jil Sander s/s 1996