Nella società contemporanea occidentale, caratterizzata da un forte individualismo ma al contempo dominata dai media e dai social network, tendono a crearsi dei modelli dominanti, degli standard, che si pongono come ostacoli lungo il percorso di espressione e affermazione identitaria delle singole soggettività. In particolare, nei paesi industrializzati e nelle culture del consumo, la pressione a conformarsi a canoni estetici, di successo e di comportamento viene rafforzata dall’uso pervasivo delle piattaforme digitali, che amplificano i trend e contribuiscono a creare un’immagine pubblica idealizzata.
Le persone, sovraccaricate di stimoli, costruiscono spesso la propria dimensione identitaria allo scopo di restituire alla società una rappresentazione del sé che sia conforme agli standard, generando tuttavia una tensione profonda tra l’identità personale e l’influenza della collettività. La questione identitaria in questo contesto diventa centrale: esiste una vera identità personale slegata dall’influenza dei media e della società? Viviamo in un’epoca in cui i social media, come specchi distorti della realtà, spingono l’individuo a mostrare solo ciò che è accettato o desiderato, soffocando la possibilità di esplorare e riconoscere la propria autenticità. In questo contesto, la capacità di provare sentimenti genuini e di riconoscere la propria interiorità diventa un’impresa ardua mentre confondiamo il nostro sé con ciò che lə altrə si aspettano di vedere.
Questo conflitto assume toni drammatici, quasi esistenziali, nel momento in cui l’individuo cerca di liberarsi dai dogmi e dalle illusioni imposte dalla società, intraprendendo un viaggio interiore che ricorda il celebre mito della caverna di Platone, narrato nel libro VII de La Repubblica.
Nell’allegoria, un gruppo di prigionieri, incatenati fin dalla nascita in una caverna, vede solo le ombre degli oggetti proiettate su una parete. Poiché non conoscono altra realtà, credono che quelle ombre siano il mondo reale. Uno dei prigionieri riesce a liberarsi e scopre il mondo esterno, comprendendo che ciò che aveva sempre creduto reale era in realtà un’illusione. Quando torna nella caverna per condividere la verità con gli altri prigionieri, viene deriso e rifiutato. Questo mito si presta a un potente parallelismo con l’epoca dei social media e della cultura digitale. Gli schermi, i telefoni e le piattaforme social rappresentano le ombre proiettate sulla parete della caverna: immagini distorte, frammenti di realtà filtrati e costruiti per generare consenso e approvazione.
L’individuo contemporaneo, immerso in questa rete di stimoli esterni, lotta per distaccarsi da tali illusioni e riscoprire il proprio nucleo più profondo, un’identità che potrebbe esistere solo al di fuori delle dinamiche sociali dominanti. Il processo di liberazione, tuttavia, non è semplice né pacifico.
Così come il prigioniero di Platone attraversa una dolorosa transizione dalla cecità alla luce, l’individuo moderno deve confrontarsi con una profonda turbolenza interiore.
Questo viaggio verso la consapevolezza implica uno sforzo per riconoscere e abbandonare le rappresentazioni imposte dall’esterno, accettando una verità più complessa e sfaccettata. Si tratta di un percorso di auto-riflessione che porta alla scoperta di sé, al di là delle influenze esterne, in una ricerca di autenticità che va controcorrente rispetto alle forze di omologazione. Nell’allegoria platonica, il ritorno alla luce simbolizza il passaggio dall’ignoranza alla conoscenza; nel contesto contemporaneo, invece, rappresenta il distacco dalle influenze esterne per riscoprire una verità interiore. Un esempio visivo di questa dinamica è rappresentato da questa parte del progetto fotografico con protagonista una sola donna, simbolo di chi cerca di liberarsi dagli schemi oppressivi, attraversando un processo di spoliazione non solo fisica, ma soprattutto mentale e spirituale.
Ogni scatto rappresenta una fase di questa battaglia interiore, in cui l’individuo cerca di trovare la propria autenticità, spogliandosi dalle illusioni sociali per riscoprire la propria essenza interiore. La fragilità umana emerge in ogni immagine, evidenziando la difficoltà di essere sé stessi in un mondo che costantemente impone maschere e ruoli predefiniti. Questa narrazione visiva sottolinea la bellezza e la complessità del ritorno al proprio nucleo originario, una conquista che richiede forza, consapevolezza e resistenza. In una società che tende a omologare, il viaggio interiore verso la propria verità personale diventa non solo un atto di ribellione, ma anche una testimonianza della capacità umana di resistere alle pressioni esterne e di affermare la propria unicità.
RISVEGLIO RIVELATO
RINGRAZIAMENTI
ART DIRECTOR
GIOVANNI VITTORIO BINOTTO
STYLIST
VITTORIA COLAGIOVANNI
FOTOGRAFA
GABRIELA ISABEL PIZZOL
MAKE UP ARTIST
VITTORIA COLAGIOVANNI
MODELLA
ANNA NEGRONI
ASSISTENTE STYLIST
MARCO MONTI DI SOPRA
TERESA PIETROBON
ASSISITENZA
MARIA AGNESE MENEGHELLO
DESIGNERS
VITTORIO FREGNI
ADAM BENBAREK
ASSISTENZA
STEFANO PELLIZZARO
LOCATION
MARMI FAEDO -- CAVA DI MARMO GROLLA
CORNEDO VICENTINO (VI)