Italia, A.D. 2025. Ci avviciniamo alle festività pasquali, il Giubileo è alle porte, ma il Papa lotta fra la vita e la morte. Il ricongiungimento con il Padre è l’essenza più desiderabile del cattolicesimo, eppure la Chiesa e orde di fedeli si preparano a chiedere la grazia per un Papa che non deve andarsene. Mentre tutto questo accade, milioni di persone si apprestano a organizzare le festività.

Una settimana intera dedicata alla rievocazione della passione di Cristo, che, dal tradimento di Giuda all’apertura del Santo Sepolcro, ha creato una moralità cattolica fondata sul perdono, sul porgere l’altra guancia, "nell’attesa della resurrezione". Una settimana intrisa di simbologia: la lavanda dei piedi invoca l’umiltà, l’uguaglianza e, al contempo, la sacralità. E ancora, l’alternarsi delle cerimonie nel buio della notte per la Via Crucis, a simboleggiare le tenebre e il male, e alla luce del giorno nella Domenica delle Palme e nel giorno di Pasqua, coincidente con la resurrezione di Cristo, a simboleggiare la vittoria della vita sulla morte, sul buio.

Le persone si affrettano ad acquistare il pesce per il Venerdì Santo, carne, rigorosamente di agnello, e tutto l’occorrente per festeggiare la domenica per eccellenza nel calendario cristiano. Si recano nei vari luoghi in cui si svolgeranno le cerimonie, fino alla consegna delle Palme, simbolo della purificazione dell’anima.

Nel frattempo, in Benin, nell’Africa occidentale, qualcuno si appresta ad allontanare le energie negative dentro di sé. Un sacerdote acquista il necessario affinché ciascun partecipante possa raggiungere il proprio obiettivo. Ogni aspetto viene curato con la massima attenzione; ogni simbolo è strettamente legato all’iniziato, che deve ricevere tutta la positività possibile dall’esecuzione di azioni rituali, rigorosamente eseguite come richiede il protocollo. Acquistano animali, vivi o morti, specifici per la cerimonia, unguenti, olii, polvere da sparo, spezie e frutti secchi.

La cosa che accomuna questi due eventi è che entrambi sono rituali. Il rito svolge una funzione di controllo per l’essere umano sin dall’alba dei tempi. Grazie ai rituali, teniamo sotto controllo le nostre ansie e cerchiamo di stabilire una (illusoria) connessione fra gli obiettivi che vogliamo raggiungere e le azioni utili per farlo. Tutto ciò che sfugge dal nostro controllo è affrontato in maniera ritualistica, accompagnato da azioni apparentemente superflue per ciò che è governato dal caso. Ma ciò che ci stupisce dei rituali è la sacralità con cui vengono svolti in alcune parti del mondo, che noi occidentali siamo pronti a definire ‘tribali’ rispetto ai nostri rituali imbevuti di consumismo. Perché la forza del rito risiede, in fondo, anche in una società secolarizzata.

Il rito di cui parlavo nel secondo paragrafo è una forma di rito che tutti conosciamo per nome, ma che pochi, o quasi nessuno, conoscono veramente: il rito Voodoo. Siamo imbevuti di una cultura negativamente relativista, che ci porta a immaginare il Voodoo come un rito mistico, dedito alla magia nera, dove aghi e aculei infilzati in una bambolina controllano e distruggono la vita degli altri. In realtà, il Voodoo è una vera e propria religione, senza alcun connotato negativo. Si fonda su presupposti positivi, di comunità, di condivisione e di quel forte legame fra individuo e collettività: tutto proviene dalla comunità, tutto ritorna alla comunità. E lo vediamo sin dall'inizio, quando donne vestite di colori scuri ondeggiano con i propri corpi, guidate dal suono degli strumenti a percussione che le fanno entrare in trance. La perdita delle inibizioni è il fulcro del rito per una connessione con il divino. Dopo i balli, si spostano su un territorio sacro, e il sacerdote e l’iniziato sorseggiano piccole dosi di alcol. Durante il rito si susseguono lavaggi, colorazioni del corpo, rottura di anfore, consumazione di cibi e tanto altro, fra cui il sacrificio e la conseguente unzione del proprio corpo con il sangue dell’animale sacrificato. Successivamente, quegli animali verranno consumati in gruppo nella tribù. E, dunque, tra i valori positivi del Voodoo, anche la condivisione del sacro.

Sul sacrificio, spesso, ci sentiamo pronti a giurare l’inciviltà di certi riti. Ma a ben guardare, il rituale cristiano della Pasqua non è poi tanto diverso. Quale differenza c’è tra un agnello consumato sulle tavole calde occidentali e un animale sacrificato e poi mangiato in Africa? All’apparenza, nessuna. Ma una differenza c'è: quello che per noi è puro consumismo, dove l’animale viene spogliato della sua identità e utilizzato come strumento per imbandire le tavole, nel Voodoo l’animale riveste un ruolo fondamentale: connette l’essere umano al sacro, al divino. E il sacro viene poi condiviso con tutti, per rafforzare il rapporto nella comunità.

di Riccardo Varveri

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